L’ambiente è frutto di una serie di ristrutturazioni condotte nel corso del Settecento, anche se, già nel Seicento, esisteva una sorta di vestibolo di accesso all’attuale Aula Magna.
Il progetto per il nuovo atrio si dovette a Giuseppe Antonio Soratini: i lavori iniziarono dopo quelli per la biblioteca e insieme all’architetto lavorò la stessa, collaudata squadra di artefici reclutati per le opere precedenti. Tra il 1714 e il 1716 si terminò lo scalone e vennero realizzati il monumento a Canneti e la porta lignea.
Il monumento a Canneti, visibile sulla parete di fronte al portale, è costituito da una iscrizione commemorativa e da un ritratto dell’abate sorretto dalla Fama e da due putti: le figure possono essere attribuite alla bottega di Antonio Martinetti, già impiegata per la decorazione in stucco in Aula Magna. Lo scalone fu completato con la «Balaustrata» realizzata dal monaco e fabbro Natale Pizzerani in collaborazione con il confratello Colombano Angelini che si occupò anche delle vetrate per le finestre. Fausto Pellicciotti lavorò gli intagli della porta con complessi insiemi di strumenti forse allusivi ai diversi campi del sapere.
Nel 1747 il vestibolo fu arricchito con il monumento al matematico camaldolese Guido Grandi (1671-1742): commissionato allo scultore bolognese Angelo Gabriello Piò, fu eseguito dal figlio Domenico. Questi si ispirò al monumento paterno per Luigi Ferdinando Marsili, nella chiesa di San Domenico a Bologna. Il medaglione con il profilo di Grandi è accompagnato dalle statue di Mercurio e Minerva e da simboli delle scienze matematiche e geometriche.
Tra il 1777 e il 1778 il vestibolo fu rinnovato su progetto dell’architetto ravennate Camillo Morigia. A questa fase può essere presumibilmente attribuito il portale, che pare alludere alla Sapienza: sul coronamento è presente, a sinistra, la figura di Salomone, individuabile dall’iscrizione sul cartiglio «Praeposui illam regnis»; la statua a destra potrebbe rappresentare il re Davide, padre di Salomone e a lui associato come esempio di saggezza. Il cartiglio sopra l’ingresso cita, ribaltandola, la sentenza di Seneca sulla biblioteca di Alessandria. Il filosofo sostenne che fosse più adatta allo spettacolo che non allo studio ma in questo caso i camaldolesi indicano chiaramente la funzione della sala: «In studium non in spectaculum».
Ai lati del portale sono posti i ritratti dei camaldolesi Giovanni Geremei (notizie 1115-1134) e Angelo D’Anna Sommariva (1340-1428) e, sulla parete di fronte, quelli di Andrea Gioannetti e Maffeo Gherardi.
Gioannetti (1722-1800) fu teologo arcivescovile a Ravenna e cardinale a Bologna: il dipinto, attribuito ad Antonio Tamburini, è sorretto dalla personificazione di Bologna in veste di Minerva Felsinea.
Gherardi (1406-1492) fu monaco nel monastero di San Michele in Isola e divenne patriarca di Venezia nel 1466: il ritratto è accompagnato dalla figura di Venezia con il leone di san Marco. L’esecuzione degli stucchi fu affidata a Gioacchino Sughi, di probabile formazione bolognese.
Alla base dello scalone è presente un bassorilievo, forse dovuto al progetto di Morigia: il sole illumina un libro aperto, probabili simboli di un percorso illuminato dalla luce divina e reso possibile dalla lettura.